Internet e new media no image

Published on Dicembre 18th, 2007 | by Redazione MG News

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Internet luogo di cooperazione digitale, ma dove sono le PMI ?

Rifletteremo sul concetto di cooperazione digitale, intendendo con ciò quell’agire insieme, reciproco e quindi interagente, che prende forma in Rete.

Declineremo il concetto al plurale, e cioè parleremo di cooperazioni digitali, perché non esiste una sola forma di cooperazione, ma molte e diverse. E mostreremo quanta teoria e quanta pratica le cooperazioni digitali implichino per riuscire ad avere un quadro d’insieme che voglia essere almeno un po’ esaustivo dell’argomento.

Inizieremo da una riflessione sull'importanza del fattore conoscenza (quale risultato della cooperazione tra individui) nella produzione di innovazione. E nel far questo accenneremo al come e al perché Internet abbia innescato una vera e propria rivoluzione dal basso, stimolando all’azione e alla partecipazione molto di più gli utenti, attori altrimenti anonimi e silenziosi nel mondo reale, che le aziende.

Nei prossimi articoli esamineremo i meccanismi che scatenano un particolare tipo di cooperazione, la comunicazione, mostrando, attraverso alcune case history, come si presenta e quali forme assume in Rete.Infine tracceremo le basi teoriche dello stare in comunicazione all’interno dell’ipertesto, facendoci aiutare dal brillante saggio di Umberto Eco, Lector in Fabula, sulla cooperazione interpretativa dei testi narrativi.

Cooperazione e cultura aziendale. L'importanza del fattore conoscenza

La definizione tradizionale di economia del territorio considera lo spazio come risorsa economica e fattore produttivo autonomo capace di generare vantaggi per le imprese.
In questo contesto assumiamo Internet, in quanto spazio virtuale dotato di regole e meccanismi propri, come sistema economico territoriale a pieno titolo.

Conquistare e mantenere elevati i livelli di competitività richiede l'elaborazione, da parte di un sistema territoriale, di strategie sempre più innovative. A maggior ragione in un mercato globale.
Cardine di queste strategie è la capacità di promuovere e valorizzare le risorse del territorio e di identificare gli investimenti necessari a realizzare i progetti di innovazione.

Queste strategie legano il proprio destino e la propria efficacia ad una forma particolare di conoscenza che si chiama cultura aziendale.
Cultura aziendale e conoscenza sono elementi indispensabili per assicurare la continuità e il miglioramento delle performance di un territorio e, di conseguenza, delle aziende che lo "abitano".
Internet ha cambiato le modalità del "fare economia". Eppure il mondo della produzione fatica ancora a comprenderne i reali vantaggi e le evidenti opportunità.

L'economia in rete si differenzia net-tamente 😉 dall'economia tradizionale.
La costruzione del valore delle merci è passata dal modello "catena lineare" (produzione – intermediazione – vendita – consumo), a quello di "ragnatela del valore"
(cfr. Paolo Manzelli, http://www.edscuola.it/archivio/lre/catena.html).

Internet dà accesso ai canali più "vantaggiosi" per i consumatori. Abbatte i costi e i tempi di gestione delle relazioni tra produttori e consumatori, a dispetto delle intermediazioni del mercato tradizionale. Fonda nuove partnership, ovvero reti di partner di impresa che si aggregano in settori di Business to Business (BtB) e di Business to Consumer (BtC) organizzati ad esempio in intranet. Dà accesso a risorse disponibili subito, attingendo al mercato globale.
In vetta a tutto c’è il ruolo cruciale giocato da Internet come mezzo di interazione, di cooperazione, di comunicazione.

Idee innovative e bene/informazione sono aspetti peculiari della Net Economy.
Eppure i contributi più originali in questa direzione sembrano arrivare più “dal basso” che dagli attori/motori dell’economia.
Pensiamo ad esempio ai materiali disponibili in Rete realizzati dagli utenti invece che da società specializzate. Pensiamo cioè ai cosiddetti user-generated content: file sharing, blog, podcast, wiki, e ai loro più noti “contenitori”: Napster, YouTube, Second life, My Space, Wikipedia,  …

Sembra, in altri termini, che il cybeterritorio abbia prodotto un impatto più sui comportamenti e sulla creatività degli “utilizzatori/consumatori”, che sulle imprese.

Internet ha modificato il nostro rapporto con la tecnologia e ha inciso sui nostri stili di vita. Ha innescato meccanismi di partecipazione prima inconcepibili. Ha sottolineato la cogenza dell’informazione, ma anche la sua natura effimera.
Se diamo per buona l'assunzione che Internet è un medium, allora si capisce (per dirla con McLuhan) "perché esso sia in grado di controllare e plasmare le proporzioni e la forma dell'associazione e dell'azione umana".
"Il messaggio di un medium o di una tecnologia sta infatti nel mutamento di proporzioni, di ritmo o di schemi che introduce nei rapporti umani".
In un interessante articolo uscito su Repubblica – Affari&Finanza lo scorso 26 aprile, Giampaolo Fabris osserva come il mondo della produzione abbia sempre evitato di riflettere sulla creatività del consumatore, presumendo che la creatività/innovazione “fosse interamente delegata all'impresa perché, su questo fronte, il consumatore aveva poco o niente da dire.”
"Chi studia il consumatore – continua Fabris – si imbatte continuamente in comportamenti che ignorano le prescrizioni d'uso dettate dal produttore, le arricchiscono, le integrano (…) così che il prodotto finisce per assumere una fisionomia ben diversa dall'originaria".
Nel rifiutare la massificazione di prodotti uguali per tutti, gli utenti reagiscono sempre di più in modo creativo. Li reinterpretano, danno loro volti diversi, diverse funzioni. In un certo senso cooperano con le imprese trasformandoli in qualcosa di unico e irripetibile.

Di contro, le imprese, soprattutto le PMI, sembrano voler ignorare questa fonte di possibile cooperazione creativa rappresentata dall’interazione con i propri pubblici e che potrebbe trasformarsi in vantaggio competitivo. Prova ne è il modo in cui comunicano in Rete: molto spesso l'unico atto cooperativo/interattivo presente in un sito aziendale si risolve in un passivo “contattami”.

Se le PMI italiane tardano ad adeguarsi alla rivoluzione Internet, ciò accade perché da un lato non riescono a concepire la Rete come scenario di competitività e dall’altro perché soffrono di una sorta di pigrizia che le immobilizza nel processo di “esternalizzazione” delle conoscenze.

La conoscenza aziendale è un processo di combinazione/conversione del know how che ogni individuo ha acquisito all'interno e all'esterno del sistema azienda, in conoscenza condivisa.
Il processo è complesso e non riconducibile a prassi gestionali codificabili una volta per tutte.
Consiste nella valorizzazione delle esperienze dei singoli, dei loro contributi e nel mettere in circolo tutto questo know how insieme al patrimonio di conoscenze e alle esigenze specifiche dell'azienda.

L'intero processo, codificato in informazioni e criteri guida per lo svolgimento di attività connesse alla produzione e conservato ed organizzato in modo opportuno (knowledge management), rappresenta il bagaglio di conoscenze dell'azienda e lo strumento più importante per migliorarne la produttività.

Quando tutto ciò manca, e cioè quando manca una cultura aziendale forte basata sulla cooperazione tra individui, arrivano i guai.

In un sistema di conoscenza, gli individui non sono soltanto utenti passivi, ma parte integrante del sistema. Affinché funzioni, dev'esserci sempre una mente in grado di utilizzarlo. In altre parole, dev'esserci l'attività cooperativa dei suoi utilizzatori.

Internet, come veicolo di informazioni e tessuto logico-concettuale (rete ipertestuale) in cui si compiono eventi comunicativi e il nostro stare insieme, è un sistema di conoscenza e non soltanto di informazioni.
È luogo in cui ognuno di noi contribuisce a dare una descrizione del mondo, coopera alla costruzione di informazioni via via più accurate, partecipa rielaborandole e correggendone il tiro.

Come sistema economico territoriale, è luogo strategico per le imprese. Ma se anche qui, e proprio qui, le imprese non mettono in pratica attività di cooperazione, ovvero non imparano a interagire e a comunicare in modo appropriato ed efficace sia all'interno, sia con i propri utenti, sarà ben difficile per loro ambire a livelli apprezzabili di competitività.

dott.ssa Silvia Pittarellowww.contenutinellarete.com


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