I protagonisti raccontano no image

Published on Giugno 24th, 2005 | by Redazione MG News

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Il design come fattore di innovazione

Oggi anche un’azienda di piccole-medie dimensioni è “costretta” ad innovare se vuole combattere la concorrenza internazionale. E non bastano innovazioni puramente estetiche, varianti cosmetiche dello stesso prodotto base. Serve un[…] Oggi anche un’azienda di piccole-medie dimensioni è “costretta” ad innovare se vuole combattere la concorrenza internazionale. E non bastano innovazioni puramente estetiche, varianti cosmetiche dello stesso prodotto base. Serve un prodotto realmente innovativo che si basi su un processo industriale anch’esso innovativo; solo così è possibile registrare un brevetto che protegga realmente dalle imitazioni. Questa è la strada percorsa da Foval, azienda di piccole-medie dimensioni nel settore dell’occhialeria che – grazie al nuovo occhiale ArquoÒ – si è meritata la citazione come azienda più innovativa al Premio Oderzo azienda e design 2005. Ne abbiamo parlato con Guido Medana, designer e propulsore dell’innovazione in Foval.

D) Come nasce l’idea del nuovo occhiale Arquo ?

G.M) Nasce da un’intuizione, da un’idea che è diventata ben presto progetto e poi prodotto industrializzato. Abbiamo voluto creare un prodotto che fosse realmente innovativo, coperto da un brevetto a livello internazionale, non facilmente copiabile vista la complessità del processo produttivo per realizzarlo. Il progetto iniziale era nato dalla necessità di avere una struttura, tradizionalmente formata da montatura, lenti ed aste, in cui le varie parti contribuissero in maniera sinergica alla stabilità dell’occhiale. Nel caso di Arquo i due pezzi che compongono il telaio interagiscono con le lenti al fine di dare massima stabilità al prodotto, il tutto con un meccanismo di puro incastro, senza uso di viti, saldature o colle. In questo modo il materiale utilizzato è completamente integro e consente dei processi industriali di più alta qualità rispetto ad un occhiale tradizionale. Il prodotto mantiene nella sua totalità le sue caratteristiche di resistenza all’usura e di anallergicità. ?

D) Secondo la sua esperienza le aziende dedicano abbastanza spazio al design e che cosa eventualmente limita ancora questo rapporto tra designer ed azienda ?

G.M.) Secondo me il ruolo del designer non può essere semplicemente quello di chi disegna il progetto sulla carta e poi lo passa a qualcun altro; ma piuttosto di colui che pensa il progetto in funzione di un risultato finale in termini produttivi e che segue quindi questo progetto anche nella sua fase di industrializzazione, proponendo anche processi innovativi per realizzarlo. Nella realtà le aziende, volendo seguire solamente le mode del mercato, privilegiano prodotti che si differenziano solo esteticamente, producibili in poco tempo ed a bassi costi. Questo a mio modo di vedere svilisce il contributo innovativo che il lavoro del designer può apportare all’azienda.

D) Secondo la sua esperienza quante idee, bozze di progetto si tramutano in prodotti industrializzabili ? E di questi quanti hanno successo sul mercato ?

G.M.) Secondo la mia esperienza il problema non è tanto quello di idee che si perdono per strada quanto quello che spesso il lavoro del designer si limita al disegno, all’estetica. Poi l’azienda trova spesso difficoltà a realizzare concretamente questo progetto ed è costretta a modificarlo profondamente se non a stravolgerlo. Secondo me la cosa più preoccupante è che oggi le aziende italiane non investono in vera innovazione di prodotto e di processo, cioè l’unica che fornisce un vantaggio competitivo nel tempo, ma si limitano a proporre varianti estetiche di prodotti concettualmente “vecchi” che, oltretutto altri paesi come la Cina sono oggi in grado di produrre molto meglio di noi.

D) Nel caso di Foval però l’imprenditore ha avuto il coraggio di rischiare di investire sia in termini di tempi che di costi di realizzazione del progetto.

G.M.) Questo è vero; Foval ci ha messo quasi 2 anni per far raggiungere prodotto un livello di industrializzazione ottimale ed ha investito complessivamente 0,5 milioni di euro che per una PMI come Foval rappresenta uno sforzo enorme.

D) Quali sono secondo lei i settori dove il lavoro del designer può dare più valore aggiunto ? Esistono dei campi non esplorati sui quali lei sentirebbe di lavorare ?

G.M.) In realtà il lavoro del designer è entrato in questi ultimi anni in tanti settori inusuali come ad esempio le macchine utensili, o altri prodotti destinati all’industria e non al consumo finale. Ma nella stragrande maggioranza dei casi si è trattato di un lavoro che si è limitato a fornire delle varianti di tipo estetico ad un prodotto che tecnologicamente è rimasto immutato. Parlando di un settore legato al largo consumo come quello dell’automobile, dove ormai la firma del designer è diventata una sorta di mito, vediamo che in Italia da anni non si creano progetti e quindi prodotti realmente innovativi ma ci si limita a lavorare sull’estetica. All’estero invece, e questo ce lo insegnano anche i paesi orientali, si è investito molto di più nell’innovazione di prodotto e di processo ed i risultati oggi si vedono. Bisognerebbe essere più coraggiosi sia come imprenditori che come professionisti del design e proporre prodotti concettualmente innovativi, uscendo dai canoni tradizionali, rischiando anche di mettere in discussione tutto il processo produttivo ed il proprio approccio al mercato. La cosa più grave in sintesi è che il nostro paese si è persa la cultura del design come fattore di innovazione; quindi “gusto del made-in-italy” “italian style” rischiano di restare parole vuote.


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