
Published on Giugno 23rd, 2008 | by Intervista a Gabriella Centomo - CORART
0Il futuro degli orafi nasce in laboratorio
Da prodotti fatto in serie senza marchio a creazioni di design in linea con i trend della moda. Da prodotti ad alta intensità di manodopera a manufatti creati e sviluppati in un laboratorio di ricerca ad alta tecnologia. Questa in estrema sintesi la sfida che attende gli orafi del distretto di Vicenza. Il calo del 28% delle esportazioni e la riduzione del 10% delle imprese attive nel distretto dal 2001 al 2006, sono i sintomi di una crisi che deriva sia da fattori macro-economici che da elementi intrinseci di debolezza del comparto. Abbiamo intervistato su questi temi Gabriella Centomo, presidente del C.OR.ART – Consorzio imprese orafe per la promozione e la internazionalizzazione.
D – Secondo i dati che ho visto (primo trimestre) il distretto dell’Oro di Vicenza sembra presentare una stasi nelle esportazioni a differenza di quanto accade in altri distretti. Quali le cause ?
R – Sono cambiati i gusti dei consumatori, oggi avere un oggetto in oro non è più uno status symbol. Inoltre servire il mercato internazionale, in particolare gli Usa – quello più importante per noi – è diventato molto difficile a causa delle barriere doganali e della concorrenza di paesi a basso costo della manodopera, come India, Cina, Thailandia che tra l’altro godono di tariffe doganali vantaggiose verso gli USA. Non dobbiamo trascurare anche la forte svalutazione del dollaro – circa il 40% negli ultimi 2 anni – che rende problematico vendere in tutti i mercati che trattano in dollari, non solo USA ma anche Estremo oriente.
Si tenga poi conto che la pressione competitiva è particolarmente avvertita dal comparto dei produttori di catene e casse per orologi d’oro che hanno un prodotto molto standard, a basso contenuto di qualità, prodotto in Oriente ed anche in Turchia a costi più bassi.
D – Da dove vengono le principali minacce competitive per il settore e sono attrezzati gli orafi vicentini a farvi fronte ?
R – Come dicevo sono i paesi come India, Cina, Turchia che creano le maggiori pressioni competitive soprattutto nel comparto dei prodotti a medio-bassa qualità (catename, ecc).
C’ è poi un problema legato al fatto che gran parte delle nostre imprese sono piccole e non hanno la forza per imporre un proprio brand sul mercato, diventando “facili prede” di grossisti internazionali che chiedono lotti di produzione sempre più piccoli, modelli diversificati a prezzi fermi, nonostante il deprezzamento del dollaro.
D – Come sta cambiando il mestiere dell’orafo ? Che tipo di competenze sono richieste per avere successo oggi ?
R – I nostri orafi devono capire quale ruolo vogliono ritagliarsi all’interno della filiera produttiva e quindi specializzarsi in quello. Non è oggi possibile voler far tutto: progettare, produrre, fare promozione, vendere.
La parola-chiave è aumentare il valore aggiunto della nostra produzione; dobbiamo sfruttare meglio quello che da sempre è un punto di forza del Made-in-italy, cioè la creatività.
Ma la creatività non basta; serve anche l’organizzazione, la tecnologia, la capacità di creare un brand e di comunicarlo. Quindi i nostri produttori debbono abbandonare un po’ il loro individualismo e fare squadra proprio per poter acquisire quelle competenze e quegli strumenti che da soli non sarebbero in grado di avere.
Da un punto di vista del reperimento di risorse umane preparate, rileviamo che i giovani sono poco attratti dal nostro settore; è anche vero che gli orafi sono sempre stati piuttosto chiusi nei confronti di personale giovane o provenienti da altri settori, spesso anche per problemi di sicurezza. Ultimamente il distretto si è però aperto in questo senso e abbiamo cominciato ad organizzare corsi di specializzazione con il concorso di Unindustria Vicenza.
D – Che tipo di strumenti stanno mettendo in atto le singole aziende e il distretto nel suo complesso per uscire da questa situazione difficile ?
R – Intanto stiamo facendo, come associazione orafi, una politica di lobbying – sostenuta dalla Regione Veneto – nei confronti del governo USA per la riduzione dei dazi doganali, almeno al livello dei nostri competitors.
Diverse aziende hanno poi attuato delle strategia di delocalizzazione produttiva verso paesi a basso costo della manodopera, peraltro con un buon livello di qualificazione, e bassi dazi doganali verso gli USA, come Giordania, Turchia, Sud Africa. E da quei paesi vendono verso il mercato americano.
Proprio per stimolare l’utilizzo della creatività nelle nostre produzioni, mutuandola magari da settori e ambiti diversi, abbiamo creato un percorso formativo, in collaborazione con la Venice International University, che abbiamo chiamato “Creativity in action”. Questo percorso dovrebbe a sua volta stimolare negli orafi l’esigenza di approfondire alcuni ambiti specifici, come ad esempio quello del design, quello della progettazione con l’ausilio di tecnologie avanzate, della prototipazione.
A questo proposito abbiamo un progetto, in collaborazione con la CCIAA di Vicenza, di creare un laboratorio di progettazione e prototipazione per tutto il distretto orafo, in modo che, salvaguardando la creatività di ciascuno, i singoli produttori possano beneficiare di un sevizio ad alto valore aggiunto che altrimenti non potrebbero permettersi. Ipotizziamo che per una simile iniziativa possano essere investiti circa 250 mila euro.