Published on Marzo 21st, 2023 | by Redazione MG News
0Rapporto IPCC siamo ancora in tempo per salvarci ?
E’ stata pubblicata la versione finale del 6° Rapporto sul Cambiamento climatico da parte dell’ IPCC, il frutto del lavoro di 782 scienziati di tutto il mondo coordinato dalle Nazioni Unite. La domanda che sorge spontanea è sempre la stessa: siamo in tempo ?
“L’IPCC rileva che esiste una probabilità superiore al 50% che l’aumento della temperatura globale raggiunga o superi 1,5 gradi C (2,7 gradi F) tra il 2021 e il 2040
negli scenari studiati e, in un percorso ad alte emissioni, in particolare, il mondo potrebbe raggiungere questa soglia anche prima, tra il 2018 e il 2037“.
E l’aumento della temperatura oltre 1,5 gradi porta a scenari devastanti, che sono poi solo la prosecuzione di un trend già in atto da almeno una ventina di anni.
Le conseguenze già ben visibili sulla salute del pianeta derivante dal fenomeno dell’aumento costante delle temperature che sperimentiamo da ormai più di 40 anni è ben sintetizzata dall’immagine qui sotto.
Il rapporto mette in evidenza la necessità di mettere in atto in tempi brevissimi politiche di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici. Con ingenti investimenti che riguardano soprattutto i paesi sottosviluppati, i più colpiti dalle conseguenze già da ora e ancor più in prospettiva.
Secondo l’IPCC, i soli paesi in via di sviluppo avranno bisogno di 127 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 e di 295 miliardi di dollari all’anno entro il 2050 per adattarsi ai cambiamenti climatici. Ma i fondi per l’adattamento hanno raggiunto solo $ 23 miliardi a $ 46 miliardi dal 2017 al 2018, rappresentando solo
dal 4% all’8% dei finanziamenti per il clima monitorati.
Il report oltre ad offrire degli scenari devastanti sul futuro del pianeta, ci regala una speranza legata soprattutto all’adattamento degli eco-sistemi locali. Molte misure di adattamento basate sugli ecosistemi, tra cui la protezione, il ripristino e la gestione sostenibile degli ecosistemi, nonché pratiche agricole più sostenibili come l’integrazione degli alberi nei terreni agricoli e l’aumento della diversità delle colture, possono essere attuate oggi a costi relativamente bassi.
Per poter raggiungere l’obiettivo di un aumento della temperatura globale inferiore ai +1,5° C, le emissioni di CO2 devono ridursi del 69% nel 2040 rispetto ai livelli odierni. Con una progressione ben esplicitata da questo grafico.
La raccomandazione numero uno dell’IPCC rimane sempre la stessa ormai da anni. Accelerare sulla eliminazione delle materie prime fossili come fonti energetiche.
Per poter raggiungere il famoso obiettivo dell’aumento della temperatura sotto 1,5° è necessario che entro il 2050:
- Si riduca l’utilizzo del carbone del 95%
- Si riduca l’utilizzo del petrolio del 60%
- Si riduca l’utilizzo del gas del 45%
L’IPCC sottolinea inoltre che sono necessari profondi tagli alle emissioni in tutta la società per combattere la crisi climatica. La produzione di energia, gli edifici, l’industria e i trasporti sono responsabili di quasi l’80% delle emissioni globali, mentre l’agricoltura, la silvicoltura e altri usi del suolo rappresentano il resto.
Significa cambiare radicalmente fin da subito l’approccio delle politiche che riguardano le riqualificazioni degli edifici, dei trasporti e della viabilità, e dei sistemi produttivi.
Serve una forte volontà politica, quella che sembra mancare ad esempio al nostro Governo, servono risorse adeguate, ma servono anche interventi studiati in modo intelligente. Ad esempio, nel sistema alimentare globale, pratiche agricole intelligenti per il clima come il passaggio all’ agroforestazione possono migliorare la resilienza agli impatti climatici, promuovendo contemporaneamente la mitigazione.
Un’ultima importante sottolineatura di carattere tecnico, questa nuova rispetto ai precedenti report, è la necessità di mettere in atto azioni di sequestro dell’anidride carbonica nell’ambiente per poter raggiungere gli obiettivi di cui sopra.
Si tratta di tecnologie per la gran parte sperimentali e ancora molto costose per cui è chiaro che solo uno sforzo congiunto tra sistema della ricerca scientifica e sistema imprenditoriale può portare a risultati concreti nel breve periodo.
L’ultima osservazione dell’IPCC è particolarmente importante perché riguarda gli enormi impatti a livello economico-sociale che il climate change sta già producendo, in particolare nei paesi più poveri del mondo.
Oggi, tra i 3,3 e i 3,6 miliardi di persone vivono in paesi altamente vulnerabili agli impatti climatici, con punti caldi globali concentrati nell’Artico, nell’America
centrale e meridionale, nei piccoli stati insulari in via di sviluppo, nell’Asia meridionale e in gran parte dell’Africa sub-sahariana. In molti paesi di queste regioni, i conflitti, le disuguaglianze esistenti e le sfide dello sviluppo (p. es., la povertà e l’accesso limitato ai servizi di base come l’acqua pulita) non solo aumentano la sensibilità ai rischi climatici, ma limitano anche la capacità di adattamento delle comunità. La mortalità per tempeste, inondazioni e siccità, ad esempio, è stata 15 volte superiore nei paesi con un’elevata vulnerabilità ai cambiamenti climatici rispetto a quelli con una vulnerabilità molto bassa dal 2010 al 2020.
Pare evidente la assoluta insufficienza di un approccio nazionale al problema. Servono politiche lungimiranti e fondi adeguati a livello mondiale per poter affrontare questa difficilissima sfida. Con le attuali difficoltà legate alla guerra in Ucraina, ai conflitti in varie altre aree del mondo, con i problemi derivanti dalla incombente crisi economica e finanziaria mondiale, sembra che questa prospettiva di gestione globale del problema sia purtroppo illusoria.