Analisi e ricerche di mercato

Published on Aprile 10th, 2019 | by Redazione MG News

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Perchè l’Italia è in recessione ?

Andiamo oltre le cause strombazzate a gran voce dai giornali (Brexit, dazi, rallentamento Cina, etc) e cerchiamo di capire qualcosa dai numeri e da ciò che dicono gli imprenditori

Due trimestri consecutivi con decremento del PIL e oplà eccoci in recessione!

Tanto temuta e quasi “invocata” da alcuni, esorcizzata come Satana da altri (alcuni addirittura si ostinano ancora a non vedere).

Le cause di un rallentamento così spinto dell’economia italiana sono in parte comuni a quelle di altri paesi occidentali. Pensiamo alla incertezza economica derivante dalla Brexit, dalla guerra dei dazi Cina-USA, dal rallentamento di alcune economie trainanti, ecc.

Ma mentre alcuni paesi europei vedono solo un rallentamento modesto del PIL e gli USA tutto sommato reggono bene, l’Italia invece vede già il segno meno in modo stabile.

Ci sono secondo noi 2 fattori che distinguono l’Italia dagli altri paesi sviluppati in questa congiuntura

Primo fattore: la strettissima correlazione – quasi dipendenza – tra l’economia del nostro Paese e quella tedesca. La Germania ha già sperimentato un forte calo della produzione industriale e un rallentamento del PIL che è dato in previsione all’1% di crescita (e anche inferiore) per il 2019. Per comprendere quanto i nostri destini siano legati, alcuni dati:

  • le esportazioni verso la Germania rappresentano il 12,5% del totale (di gran lunga il nostro primo partner) e valgono 60 miliardi di euro (in aumento del 30% dal 2010 al 2017)
  • in particolare negli ultimi 10-15 anni l’Italia si è trasformata in una nazione sub-fornitrice di beni intermedi all’interno della catena del valore di molti settori di beni finali tedeschi. Si pensi ad esempio al settore meccanico, ed in particolare a quello delle auto, in cui vi sono interi distretti produttivi in Italia di sub-forniture (in Piemonte, Emilia, etc)
  • a conferma di ciò la % di valore aggiunto italiano incorporato nelle esportazioni e a sua volta riesportato dalla Germania è andata costantemente aumentando (dal 38% del 2000 al 51% del 2014 – non si hanno dati per gli anni successivi)

Ecco quindi che un vistoso rallentamento in alcuni settori strategici in Germania, come quello automotive o quello delle macchine industriali, si ripercuote immediatamente sull’export delle aziende italiane

Secondo fattore: l’instabilità politica e l’incertezza nella politica economica. Oltre all’export l’altra componente della domanda che si è bloccata rispetto agli anni recenti (2014 – 2017) è quella degli investimenti privati. E da cosa dipendono queste scelte ? Sicuramente dalle prospettive economiche ma anche e soprattutto – come confermato da molti economisti e esperti – dal clima di incertezza (politica ed economica) che gli imprenditori respirano.

Sentendo le interviste di vari imprenditori ma soprattutto ascoltandoli in via informale si capisce che quello che sta succedendo da un anno a questa parte ha un impatto negativo sulle loro scelte. Vi elenchiamo alcuni fatti, che spesso vengono citati in “camera caritatis”:

  • la battaglia sfinente con la Commissione Europea per l’approvazione della legge di bilancio 2019 con accuse e contro-accuse e minacce più o meno velate di “fregarsene” delle regole
  • l’andamento dello spread che è stabilmente ormai 120 punti in più rispetto ad un anno fa = interessi più alti che le banche fanno pagare ad imprese e famiglie. Peraltro a parità di altre condizioni lo spread è la misura del livello di incertezza e instabilità di un paese valutato dagli investitori.
  • le incertezze e gli scontri all’interno del governo su temi di politica economica rilevanti come le infrastrutture o come gli incentivi alle imprese, le tasse, etc
  • il problema legato al deficit pubblico (e quindi al debito in continua crescita) con le micce innescate dall’ aver rinviato al futuro entrate (o tagli di spesa) per disinnescare le cd “clausole di salvaguardia”. Solo questo vale 23 miliardi di euro; considerando impatti di misure pesanti quali reddito di cittadinanza, quota 100 e l’aumento della spesa per interessi sul debito pubblico parliamo di una manovra 2020 che vale minimo 50 miliardi di euro.

Chi e come sarà in grado di affrontare una manovra così lacrime e sangue ? Quale prezzo pagherà il paese per scelte di politica economica scellerate ?

Questo si chiedono gli imprenditori che nell’incertezza non investono e se investono lo fanno all’estero.


Marco De Alberti

PS: a conferma del sentiment negativo di manager ed imprenditori sul clima politico e sulle scelte di politica economica citiamo un sondaggio effettuato da Studio Ambrosetti durante un recente Forum a Cernobbio. Alla domanda “Come valutate le scelte economiche del governo”, l’86% dei 200 imprenditori e top manager presenti ha risposto “in modo negativo”

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