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Published on Ottobre 4th, 2022 | by Redazione MG News

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Il PD deve aprirsi non sciogliersi

Dopo il risultato negativo ma non catastrofico del PD si affollano al suo “capezzale” gufi e avvoltoi che stanno girando attorno sperando che si sciolga o si scinda. Si distingue in questo ruolo da aspirante “becchino” il simpatico Renzi, il quale deve alla sopravvivenza al “taxi di Calenda” che lo ha salvato da fine sicura

Voglio dare la mia modesta opinione su questo tema sul quale si sono cimentati giornalisti, politici e commentatori vari.
Intanto è necessaria una premessa: già si è capito da un po’ di anni che una fetta importante di elettorato è estremamente mobile, direi volubile. E c’è un’altra fetta che io valuto intorno al 10-15 percento che in questo momento è latente tra gli astenuti ma può risvegliarsi da un momento all’altro. Io stimo che circa il 50% dell’elettorato che può votare (togliendo l’astensionismo fisiologico attorno al 25%) possa cambiare idea con grande rapidità decretando in poco tempo (io direi ora pochissimo) la fine o la fortuna di una forza politica.
Questo succede per tutta una serie di fattori che cerco di riassumere:

  • Il peso dei partiti in sé è fortemente ridotto: pesa molto di più la capacità di comunicazione, il carisma e parzialmente la coerenza del leader. Questa fascia di elettori tende ad “innamorarsi” del leader, sperando che di volta in volta possa essere lui a “salvare la patria” a “risolvere i problemi”.
  • I social network amplificano: soprattutto nelle menti più fragili, più facilmente influenzabili, succede che se parte un trend di post, commenti o altro favorevoli ad un certo personaggio, questo trend in breve tempo diventa una marea che finisce per trasportare (se positivo) o travolgere (se negativo) il politico di turno
  • Pandemia, guerra, cambiamento climatico: i grandi eventi globali hanno reso le persone più fragili, più indifese, frastornate. Tendono da un lato a credere a soluzioni miracoliste e dall’altro a negare realtà evidenti.  Questo rende una parte dell’elettorato estremamente instabile e se da un lato è disillusa dalla politica, dall’altra è alla ricerca del “messia”.

Questa premessa per dire che il PD è finito nella spirale negativa che si è innestata nel momento in cui una parte del suo elettorato ha cominciato a percepirlo come vecchio, conservatore, dalla parte del potere. Letta inoltre si è dimostrato un discreto uomo di partito, di mediazione riportando il partito al 22% ma un pessimo comunicatore (avendo in più commesso diversi errori politici) fallendo la campagna elettorale.

Ma questo non significa che bisogna buttare via il bambino con l’acqua sporca. Il PD è formato da una base sana, da giovani ( e non più giovani) attivisti che ci credono ancora, che hanno degli ideali. Non vanno delusi anzi incoraggiati. In primis atto di umiltà non solo di Letta (che si è giustamente fatto da parte) ma anche di tutta la cd classe dirigente che è grossomodo la stessa da 10 anni. Farsi da parte e lasciare spazio alle forze nuove che ci sono.

E poi soprattutto decidere da che parte stare.
O il PD decide definitivamente che vuole essere un partito moderato che difende gli interessi della borghesia, degli imprenditori  e lascia definitivamente il ruolo di rappresentanza delle classi meno abbienti e più emarginate (operai, lavoratori precari, disoccupati, emigrati). In questo caso – oltre a deludere definitivamente una parte importante della sua base – si troverebbe a scontrarsi con il neonato movimento di Calenda che – in questo momento – è percepito come nuovo quindi più appetibile. E a farsi rubare consensi probabilmente anche dal partito della Meloni se riuscirà ad accreditarsi come forza affidabile di governo. Io sconsiglio al PD di prendere questa strada. Renzi l’avvoltoio non aspetta altro.

Oppure il PD decide di dare spazio ai suoi giovani con idee più aperte alle nuove istanze della società, più vicini ai giovani, alle donne ma anche agli operai, ai precari. Allora deve cercare di aprire il Partito alla società. Non ho idea se serva cambiare nome. Quello che serve è cambiare la classe dirigente e darsi un progetto di cambiamento della società in senso progressista, mettendo al primo posto la difesa delle persone in difficoltà, la lotta al cambiamento climatico ed il cambiamento del modello socio-economico in senso solidaristico ed egualitario.
Con una scelta di questo tipo il PD può senz’altro perdere una parte della sua classe dirigente (gli ex-renziani soprattutto) e magari anche una fetta (modesta) della sua base e del suo elettorato. Ma può attrarre forze del cambiamento già presenti come Sinistra/Verdi o come Possibile e forze vitali nella società, nel sindacato, nelle associazioni. Può senz’altro aspirare a recuperare una parte di quel 15% di astensione che gran parte degli esperti definisce “delusi dalla sinistra”. Come forza aggregatrice dei movimenti di sinistra, con un leader giovane e motivato, bravo a comunicare e a coinvolgere, il PD può trasformarsi un un movimento d’opposizione forte capace di diventare competitivo ai prossimi appuntamenti elettorali.

 


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