Published on Maggio 16th, 2022 | by Redazione MG News
0Crisi idriche e energie pulite la salvezza è nel mare
In questo momento storico legato alla guerra ma anche ad una crisi ambientale montante i cui effetti sono visibili e crescenti da un anno all’altro, dobbiamo aggrapparci alle buone notizie che vengono dall’utilizzo di una risorsa naturale potenzialmente illimitata: il MARE. E nelle tecnologie di “sfruttamento” di questa risorsa l’Italia è all’avanguardia
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Con la crisi energetica scatenata dalla guerra Russia-Ucraina il focus di molte nazioni – tra cui l’Italia – sta nella ricerca di fonti alternative di approvvigionamento di petrolio e soprattutto di gas. Come abbiamo scritto in un recente articolo, per cercare di superare questa grave crisi che mette in discussione il benessere e lo sviluppo delle economie occidentali, si può avere due tipi di “sguardi”:
- Uno sguardo rivolto al passato, come quello che sembra avere l’Italia: allora ecco la rincorsa ai Paesi che possono rifornirci di gas in alternativa alla Russia, politicamente instabili come Algeria e Libia o con gravi questione legate ai diritti umani come l’Egitto. Non risolvendo minimamente il problema ambientale, anzi peggiorandolo visto che ad esempio il gas dagli Stati Uniti ci arriverà via nave e lo dovremo rigassificare.
Oppure rispolverando centrali a carbone in disuso come sta succedendo con l’ENEL a Civitavecchia. - Uno sguardo rivolto al futuro, come sembrano avere altri stati come la Germania: e qui il Governo tedesco sembra voler dare una ulteriore accelerata al già ambizioso programma di investimento in energie rinnovabili. Il nuovo programma enunciato all’inizio di quest’anno dal ministro Habeck prevede un doppio obiettivo: raggiungere entro il 2030 la quota dell’80% di energia prodotta da fonti rinnovabili e fare della Germania un paese a neutralità climatica entro il 2045.
Ma cos’è che impedisce all’Italia di comportarsi come la Germania ed altri paesi ed imprimere una svolta decisiva alle rinnovabili ? Da quello che possiamo capire è un misto tra intoppi burocratici che frenano la costruzione di nuove centrali eoliche o fotovoltaiche e interessi economici “inconfessabili” di qualche azienda privata ma anche pubblica che con una transizione verso le rinnovabili troppo veloce, rischierebbe di far perdere soldi ai propri azionisti…
Certamente non è un problema tecnologico. Abbiamo tecnologie di primordine nelle rinnovabili e altre sono facilmente importabili da altri Paesi. Non solo ma abbiamo anche scoperto di essere all’ avanguardia nello sfruttamento energetico di un’altra risorsa naturale potenzialmente infinita: il Mare.
Ebbene sì, dopo anni di tentativi faticosi per cercare di catturare l’energia marina, in modo particolare quella proveniente dal moto ondoso, siamo probabilmente arrivati ad una svolta positiva. Si chiama Pewec 2.0 il nuovo dispositivo tutto made in italy sviluppato da Enea e Politecnico di Torino. L’ultima versione del Pendulum Wave Energy Converter (il nome completo riassunto dall’acronimo Pewec) è un dispositivo progettato appositamente per sfruttare le onde del Mediterraneo.
Questo dispositivo – già testato in forma di prototipo avanzato presso l’Università Federico II di Napoli – ha mostrato di funzionare egregiamente e di essere pronto per essere prodotto in versione industriale. Questa macchina di dimensione contenute e quindi di ridotto impatto sul paesaggio è stata testata per resistere in condizioni difficili legate alla corrosione salina e alle correnti di superficie. Ha una produzione prevista di 525 Kw e sembra adattarsi perfettamente a fornire energia elettrica alle piccole isole italiane, rendendole energeticamente indipendenti. Si calcola che una decina di questi dispositivi siano sufficienti per rifornire una popolazione di 3.000 abitanti.
L’Europa crede nello sviluppo di questa tecnologia e sta dedicando crescenti investimenti, tanto che le installazioni che catturano il moto ondoso sono triplicate tra il 2020 ed il 2021. Inoltre l’obiettivo della UE è di avere il 10% della propria energia di provenienza marina entro il 2050.
Ma il mare ci può salvare anche da un’altra grande emergenza che si sta palesando in parti crescenti del mondo. La crisi idrica. I resoconti di gravi crisi idriche nei paesi africani e in particolare nella fascia sub-sahariana sono ormai tragicamente consueti. Ma in molti paesi del mondo, anche nella nostra Europa, i periodi di siccità sono sempre più presenti e mettono in crisi l’approvvigionamento idrico sia per scopi umani che per usi agricoli ed industriali.
Per tentare di combattere questa emergenza alcuni paesi già molto esposti si stanno dotando di impianti di desalinizzazione dell’acqua del mare. Come ad esempio il Cile.
Dopo 10 anni di siccità, la sete del Cile potrebbe essere placata dall’Oceano Pacifico. In Cile sono già funzionanti una ventina di dissalatori che forniscono acqua a comunità di pescatori e 3 più grandi che servono gli abitanti di diverse comunas (municipi). 8 grandi dissalatori forniscono acqua alle compagnie minerarie nell’arido nord del Cile.
Si tratta di impianti con una tecnologia ormai piuttosto consolidata il cui principale limite fino ad oggi era di natura “ambientale”. Ovvero come smaltire i residui provenienti dal processo di desalinizzazione, in modo particolare la cd “salamoia”. Questo prodotto di scarto ha un’elevata concentrazione di sale (e di altri minerali) che se smaltiti in zone ristrette possono gravemente alterare lo habitat marino fino a renderlo praticamente invivibile per le specie animali e vegetali.
Ma secondo il parere degli esperti, progettando gli impianti in modo corretto, con adeguate correnti che possano disperdere i residui e con sistemi di recupero del sale e di altri minerali contenuti nella salamoia, è possibile avere impianti di desalinizzazione compatibili con l’ecosistema marino.