Analisi e ricerche di mercato

Published on Novembre 25th, 2021 | by Redazione MG News

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Fine della globalizzazione: le filiere corte ci salveranno ?

La pandemia, le attuali pesanti crisi di approvvigionamento di materie prime, le difficoltà anche di ordine geopolitico riguardo le fonti energetiche fossili, i pressanti problemi ambientali stanno tutti spingendo verso un drastico cambio di paradigma nell’organizzazione della produzione e distribuzione dei beni

All’inizio furono la frutta e la verdura. Ma ora immaginare un futuro anche prossimo (qualche anno) in cui il principio della filiera corta, sia nella fase di distribuzione ma anche nella fase di produzione, si applicherà ad un vasta gamma di beni industriali sembra plausibile.
Dedichiamo questo articolo a sviluppare alcune riflessioni sugli elementi di scenario economico, politico, sociale ed ambientale che interessano il nostro mondo. E poi a sviluppare uno scenario – del tutto ipotetico ma non impossibile – su una filiera corta riguardante un prodotto che diventerà chiave nel nostro futuro. Il veicolo elettrico (auto, ma non solo).

La pandemia ha ampliato gli orizzonti ma ha ha ristretto l’azione:  contatti fisici ridotti al minimo così come gli spostamenti. Necessità di tenersi in contatto col mondo con strumenti di comunicazione nuovi (Social network, Zoom, etc) ma possibilità al contempo di entrare in contatto con persone ed eventi di tutti i paesi del mondo. Di accedere a risorse informative a cui prima magari non si prestava attenzione. Quest’ultimo elemento presentando anche elementi di criticità legati alla presenza di fake news o di informazione strumentale quando non di tipo manipolatorio e criminale. Che ha inciso pesantemente su menti fragili e senza strumenti culturali.
Dal punto di vista dei canali di approvvigionamento il grande sviluppo delle vendite online ha permesso di avere accesso a beni che altrimenti non sarebbero stati facilmente disponibili, spesso a prezzi molto competitivi. Questa tendenza ha fatto prevalere grandi operatori dell’ ecommerce come Amazon, Ebay, ed altri. Che hanno messo in grossa crisi non solo il commercio di prossimità, ma anche le grandi strutture distributive. Come risulta evidente dai problemi che stanno affrontando grandi gruppi come Auchan e Carrefour.
Al contempo i consumatori hanno trovato conveniente ma anche salutare e sicuro affidarsi a piccoli produttori locali di prodotti freschi (frutta, verdure, pane, carne) ma anche confezionati. Che si sono organizzati per raccogliere gli ordini in modalità online (via web,social media,WhatsApp) e a consegnarli direttamente nelle case della gente. In questa webzine abbiamo ad esempio raccontato la storia di successo di Decasada, ma anche i coraggiosi progetti di Donna Gnora e Rio Selva.
Da un punto di vista ambientale è chiaro che ricevere un televisore prodotto in Cina via Amazon e una cassetta di ortaggi prodotti a 5 km di distanza da casa mia ha un impatto ambientale totalmente diverso e volendo arrivare alle estreme conseguenze del ragionamento l’ideale sarebbe che anche la TV fosse prodotta vicino a casa nostra….

L’approvvigionamento di materie prime e componenti è diventato critico:  Il segnale inequivocabile è l’inflazione che sta risalendo rapidamente in tutto il mondo “occidentale” – ma non solo. Interi settori manifatturieri italiani ed europei sono in difficoltà perchè non riescono a rifornirsi di materiali e componenti essenziali per i loro prodotti. La lista dei settori che stanno sperimentando questo “shortage” è lunghissima e non vale la pena soffermarsi. In particolare le maggiori difficoltà si sperimentano nei confronti dei paesi asiatici, Cina in primis ma non solo. Cosa sta succedendo ? Una serie di fatti concomitanti tra cui: la necessità di rifornire da parte dei paesi asiatici in primis i mercati domestici che dopo la pandemia sono rimbalzati verso l’alto in modo clamoroso; la difficoltà dei trasporti internazionali ad adattarsi ad una domanda mondiale veemente; una serie di restrizioni legate a fattori ambientali – aria irrespirabile – che ha bloccato interi distretti industriali in Cina e in India; raccolti di grano ed altri prodotti agricoli in sofferenza a causa degli eventi cimatici avversi. E potremmo continuare. Risultato: prezzi delle materie prime alle stelle e carenza di approvvigionamento.

Le fonti energetiche (fossili) sono causa di conflitti e di incertezza: anche da quanto emerso dalla recente Cop26, non ci libereremo tanto presto delle fonti energetiche fossili. A partire dal carbone soprattutto per quanto riguarda India e Cina. Ma anche petrolio e gas che verranno largamente utilizzate dalle economie occidentali per i prossimi 20-30 anni. Ed il loro approvvigionamento è diventato critico in questo periodo, fonte di conflitti locali e di contrapposizioni geo-politiche. C’è l’evidentissima crisi dei migranti al confine tra la Bielorussia e la Polonia che nasconde la grande partita dei rifornimenti di gas provenienti dalla Russia che rappresentano una costante spada di Damocle sui Paesi occidentali. Vi sono le tensioni a livello locali in Libia, Tunisia ed Algeria che rappresentano anch’esse un punto di passaggio fondamentale per il gas ed il petrolio diretti verso l’Europa. Per non parlare della costante fonte di tensione costituita dal regime in Iran e dalla precaria situazione politica in Venezuela, due dei principali fornitori di petrolio a livello mondiale. Questa forte dipendenza nostra e di tutta l’Europa da queste fonti energetiche dovrebbe essere un ulteriore grande sprone a virare rapidamente verso le fonti rinnovabili, il principale “antidoto” al surriscaldameto climatico con quel che ne consegue

L’emergenza ambientale è ovunque: non si può più parlare di grida d’allarme. O di singoli episodi per quanto drammatici. Si  deve invece prendere atto che tutto quello che sta succedendo in questo periodo va in una sola direzione: un costante e continuo assalto alle condizioni di vivibilità della nostra Terra (l’inquinamento o meglio l’avvelenamento dell’aria in molte aree del pianeta, la deforestazione selvaggia in Amazzonia ma non solo, la plastificazione dei mari e degli oceani) ed una corrispondente reazione della Natura sotto forma di fenomeni estremi, come inondazioni, incendi, siccità, innalzamento dei mari, scioglimento dei ghiacciai, distruzione della biosfera e mi fermo qui. Ma la cosa più incredibile è da un lato come non si riesca a mettere in atto misure concrete per bloccare o limitare al massimo le degenerazioni. E dall’altro come queste forme di reazione estrema della Natura stiano accelerando in intensità e frequenza sotto i nostri occhi ad un ritmo che non sembra compatibile nemmeno con gli scenari più pessimistici degli scienziati.

Io mi sono fatto come molti la domanda fatidica: Siamo ancora in tempo per salvarci ?  In questo momento preferisco non provare nemmeno a darmi una risposta perchè sarebbe forse troppo angosciante. Sposto il pensiero e provo ad immaginare che qualcosa si possa ancora fare nei prossimi anni. E partirei proprio dall’idea di avvicinare al massimo la distanza tra la produzione ed il consumo. Se come detto sopra si riuscisse a produrre (e distribuire) un qualunque bene industriale a breve distanza da dove lo si consuma si risolverebbero o comunque si ridurrebbero in maniera drastica le criticità di cui abbiamo appena parlato.

Proviamo ad applicare come puro esercizio intellettuale il principio della filiera corta ad un bene strategico per il nostro futuro: l’auto elettrica. (segue nel prossimo articolo)

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