Ditelavostra no image

Published on Ottobre 19th, 2007 | by Redazione MG News

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Come si costruisce l’immagine di una città ?

Barbara Czarniawska, docente di fama all’università di Goteborg, ha parlato a Venezia della costruzione sociale dell’ immagine della città. L’immagine di una città è un oggetto sfuggente: è il risultato di un processo che coinvolge cittadini, politici, amministratori, artisti, turisti in cooperazione e in competizione fra loro. L’immagine di una città non è mai unica: le immagini sono diverse a seconda di chi interroghiamo (residenti, city users occasionali, turisti). Non è detto che riconciliare queste rappresentazioni sia necessariamente una priorità, anche se a volte aiuta, soprattutto se la posta in gioco sono investimenti sul futuro.

Il dibattito che ha seguito la presentazione della Czarniawska ha messo in luce due modi diversi di pensare il problema. Il primo è quello degli urbanisti politically correct: l’immagine della città è il risultato di un percorso di partecipazione. Si chiede ai cittadini di articolare un pensiero su ciò che la città è e ciò che dovrebbe essere. Si mette in moto una procedura partecipativa, si animano dei gruppi di discussione, si raccolgono i pareri dal basso e si porta il tutto a sintesi in appositi formulari. Il secondo modo di pensare la costruzione dell’immagine della città parte da presupposti diversi: non nega la possibilità che vi sia un processo di ascolto, ma enfatizza il ruolo del politico nel decidere una strategia e nel proporla all’attenzione dell’opinione pubblica: Assisi città della pace, Porto Alegre città della trasparenza, Roma città della cultura. In questo secondo caso, le città hanno un loro “marchio” (e il marchiare richiede necessariamente un gesto d’imperio).

Il caso veneziano ha suggerito qualche passaggio ulteriore. L’esperienza veneziana (al pari di quella di altre città simili) dimostra quanto sia difficile costruire un’immagine forte in assenza di grandi interventi sul territorio. Senza grandi opere e senza momenti collettivi di partecipazione (come le olimpiadi a Torino e a Barcellona) è difficile intervenire sul percepito che una comunità locale ha di se stessa e sull’immagine che proietta al di fuori di sé (nel caso specifico il brand di Venezia è oggi solo turistico). Il sospetto è che l’identità di una città stenti a trovare il suo fondamento nelle righe dei piani di sviluppo (per quanto concertati) e abbia bisogno di segni visibili (edifici, luoghi, opere pubbliche) in grado di esprimere il senso di grandi sforzi collettivi. Proprio queste opere sono lì a ricordarci quanto il singolo individuo abbia bisogno di una comunità più ampia per dare forma al suo destino.

Tratto da Firstdraftwww.firstdraft.it


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